domenica 29 marzo 2009

Modernità liquida, giovani e psicoterapia

INDICE DEI PARAGRAFI

  • Alcuni problemi della modernità liquida
  • Difficoltà dei giovani a individualizzarsi e bisogno di un sostegno psicologico
  • Riferimenti bibliografici
  • Riferimento cinematografico
Alcuni problemi della modernità liquida
Al pari del sociologo tedesco Ulrich Beck, anche il sociologo polacco-inglese Zygmunt Bauman distingue due tipi di modernità (Bauman, 2000, tr. it. 2002): la "modernità solida" e la "modernità liquida". La modernità solida è quella della società industriale ancorata alla tradizione, alla solidità dei corpi che non fluiscono facilmente, all'identità sociale che dura nel tempo, mentre la modernità liquida è leggera, è quella dei corpi flessibili, duttili, che si trasformano da uno stato a un altro e quindi sono altamente manipolabili. Nella modernità solida si è ancorati allo spazio in cui ci si trova, mentre nella modernità liquida la distinzione tra vicino e lontano viene meno. Col cellulare ci si può trovare in qualsiasi luogo e mettersi in contatto con un interlocutore di un altro continente, senza bisogno di essere collegati, come una volta, con il telefono di rete a una presa.
Specialmente nella modernità liquida la tecnologia ci ha permesso una "velocità di movimento" che un tempo era impensabile. Il potere, quindi, non si radica più in un posto, ma supera i confini del proprio territorio. Anche per Bauman l'individualizzazione coincide con l'inarrestabile processo di modernizzazione, per cui si trasforma la propria identità, non più concepita come qualcosa di 'già stabilito' come nella modernità solida, ma che invece ha il requisito della realizzazione di un "compito" da portare avanti. L'identità si vive non nella dimensione dell'essere, ma del divenire e la sostanza della propria autopercezione deve equivalere alla sostanza dell'incarnazione del come una persona vive effettivamente. Nella modernità liquida si vive nella velocità del cambiamento, nella precarietà dell'istante, nell'imprevedibilità del movimento.
Beck (Beck, 1986, r. it. 2000) ha osservato che le contraddizioni del sistema sociale ricevono delle soluzioni biografiche da parte degli individui. Bauman commenta questa acuta osservazione di Beck affermando che il sistema sociale continua a perpetuare le sue contraddizioni e i rischi sociali, mentre in realtà sono soltanto gli individui chiamati ad affrontare sia le necessità che i doveri lungo il corso della loro individualizzazione. La persona che ha raggiunto una posizione di indipendenza e di autonomia è ciò che significa, secondo Beck, così osserva Bauman, il termine "individualizzazione", anche se altri si comportano come se già l'avessero realizzata, nonostante il fatto che ciò in realtà non è avvenuto. Si tratta, osserva Bauman, della dicotomia che si è formata tra individui "di diritto" e individui "di fatto", che non esistono facili soluzioni personali alle contraddizioni del sistema sociale, e che se soluzioni si possono formulare, per ricucire questo strappo tra individui "di diritto" e individui "di fatto", esse appartengono alle dinamiche della politica di alto livello. Le difficoltà dei singoli individui di fronte alle contraddizioni e ai rischi provocati dal sistema non consentono di trovare, come si diceva, facili soluzioni personali, per cui lo stallo delle situazioni che vivono provoca in loro paura. (Bauman, 2000, tr. it. 2002).
Bauman scrive nel 2000, nel suo pregevole saggio Modernità liquida, che i politici dell'epoca attuale tendono a deresponsabilizzarsi dei loro compiti istituzionali, preferiscono essere disimpegnati, distaccati e fuggire dalle aule parlamentari. In questo modo, non è possibile nessun dibattito pubblico di problemi pubblici. In fondo, si può commentare, è quello che continua ad accadere nel 2009 nelle sedi politiche legislative e di governo di quei Paesi dove il neoliberismo è ancora predominante, nonostante i suoi evidenti fallimenti su tutti i fronti politici, economici, sociali, culturali. Quello che viene fuori, ritornando a Bauman, è il vuoto dello spazio pubblico. Inoltre, ai cittadini viene, in tal modo, sottratta la loro cittadinanza che rappresenta una forma di protezione politico-sociale, trovandosi di fronte alle richieste che provengono dall'individualizzazione, di marca neoliberista, nei loro confronti.
Purtroppo il neoliberismo, nel vuoto di una dinamica culturale e dunque nell'ignoranza storica e sociologica che è propria delle ideologie di destra, inevitabilmente, prima o dopo, cede all'autoritarismo di governo, che tra l'altro ha intenzione di praticare biopolitiche di discriminazione razziale contro gli immigrati, il cesarismo del premier, ventilando attacchi contro l'istituzione parlamentare al fine di abolirla per approdare a una sorta di dittatura di destra. Per fortuna, la difesa del parlamento è arrivata da un autorevole esponente della stessa destra (Gianfranco Fini), contenendo, paradossalmente, la deriva fascista del capo di governo. Come sappiamo dalla storia, l'autoritarismo è uno stile di comando che è proprio di chi non ha una vera autorità autorevole, e che per farsi obbedire a tutti i costi dagli altri si impone con mezzi coercitivi di oppressione, la violenza, la forza e non il confronto, il dialogo, il rispetto dell'altro e anche la possibilità di venire incontro alle sue istanze mettendosi nei suoi panni, come succede nelle vere democrazie tendenzialmente egualitarie.
Zigmunt Bauman (Bauman, in la Repubblica, 10 gennaio 2009, pp. 1, 40-41) osserva che la crisi economica, in Gran Bretagna, sta turbando i sonni dei lavoratori, che non di rado soffrono d'insonnia per la paura di perdere il lavoro. L'uso disinvolto delle carte di credito per risolvere i debiti (una nuova carta di credito richiesta per pagare i debiti della precedente) non è una buona soluzione per il baratro dei debiti accumulati. Per cui occorre una nuova mentalità non più di tipo consumistico per evitare di vivere 'eternamente' in debito con le banche.
Il 2009 e il 2010, dicono le previsioni di settore, sono anni economicamente di crisi e disoccupazione soprattutto dei precari. Negli Stati Uniti il presidente Obama sta liquidando la finanza neoliberista, mettendo dei limiti ai mega stipendi dei manager, sta rivoluzionando la società a favore di tutti i cittadini, sta riabilitando il welfare State, sta mettendo fuori gioco il sistema fasullo discriminatorio delle assicurazioni sanitarie dove la sanità è solo per coloro che se la possono permettere economicamente, per sostituirlo con un sistema sanitario per tutti (Zucconi, "Il dogma capovolto", in la Repubblica, 27 febbraio, 2009, pp. 1 e 3; Calabresi, "Obama: più tasse per i ricchi", in la Repubblica, 27 febbraio 2009, pp. 1 e 2) che permetta ad ognuno, a prescindere dalle diseguaglianze economiche, di avere diritto alla cura della propria salute. Invece in Italia siamo ancora ai tempi di Bush junior e della sua politica neoliberista neocoon a favore dei ricchi e che nega diritti sociali, politici, economici già acquisiti da tutti i cittadini, facendo precipitare il Paese nell'inciviltà, nella barbarie, nel razzismo. Persino i diritti dei lavoratori sono stati smantellati da questo governo autoritario di destra (Gallino, "Lavoratori senza diritti", in la Repubblica, 28 febbraio 2009, pp. 1 e 35).
Per fronteggiare la crisi economica, al contrario, Barak Obama chiede ai ricchi di pagare più tasse ( la Repubblica, 27 febbraio 2009, p. 1). Berlusconi, neoliberista reaganiano/tatcheriano/ bushiano per eccellenza, fa pagare le tasse al ceto medio impiegatizio sempre più impoverito e a quel che resta della classe operaia, oppure è complice, come qualcuno ha osservato, dell'evasione fiscale dei lavoratori del terziario nel settore privato (soprattutto commercianti, per intenderci). In cambio Berlusconi ottiene il consenso elettorale dagli elettori che sono evasori fiscali, secondo questo punto di vista. A quanto pare, lo Stato privatizzato di Berlusconi scarseggia a quanto spessore etico-culturale e rispetto delle istituzioni democratiche. Prevale la pratica discorsiva demagogico-populista che, purtroppo, in un'Italia dominata dalla "falsa coscienza" tvcratica e dall'autoritarismo clericale-fascista garantisce alla destra la maggioranza politica. A proposito di "svolte autoritarie", il segretario della Cgil Guglielmo Epifani è preoccupato della piega che sta prendendo il governo Berlusconi "contro la libertà dei lavoratori" (Mania, in la Repubblica, 27 febbraio 2009, p. 7).
Il governo italiano neoliberista attuale non vuole aiutare i disoccupati nell'alleviare le loro pene, negando quell'assegno di disoccupazione proposto dal neosegretario del Pd Dario Franceschini (la Repubblica, 2 marzo 2009, p. 1), per esempio, prelevando i soldi per coprire tale assegno dalle entrate fiscali degli evasori. Purtroppo, Franceschini ha ricevuto un voltafaccia da parte del premier, che prima aveva detto che era disponibile a una sua proposta e poi quando gliela ha comunicata (l'assegno per i disoccupati) ha risposto che non era possibile! Di fronte alla crisi occupazionale, Berlusconi nega la crisi, e addirittura afferma "I disoccupati? Trovino qualcosa da fare" (Luzi, in la Repubblica, 26 marzo 2009, p. 7). Berlusconi nega che in Italia ci sarà miseria a causa della disoccupazione, intanto viene data la notizia che in Europa avremo un'emergenza disoccupazionale di sei milioni di lavoratori ( D'Argenio, in la Repubblica, 10 marzo 2009, p. 9).
In queste condizioni, si allontana la possibilità che l'individuo possa essere in grado di disporre delle "risorse indispensabili" per mettere in pratica la sua "capacità di autodeterminazione", cioè di passare dalla condizione "di diritto" a quella "di fatto". L'esproprio che viene effettuato è quello degli interessi e delle capacità di essere cittadini. Il raggiungimento di una vera autonomia e di una possibilità di autoaffermazione comporta che si intraprenda una lotta in tal senso, di fronte a una situazione in cui gli individui sono privi di queste qualità personali. Così, secondo Bauman, la sociologia critica si deve impegnare affinché si superi lo spaccato tra il potere e la politica, da un lato, e le dinamiche dell'individualizzazione, dall'altro. Secondo il sociologo polacco-inglese, allora occorre che si ritorni a discutere, dibattere, negoziare, sulle questioni che riguardano il bene di tutti, sia che concerne la sfera pubblica che quella privata. Si tratta di rilanciare, in sostanza, il progetto di emancipazione degli esseri umani, ricucendo i due lembi dell'individuo "di diritto" e di quello "di fatto", per dare vita al vero cittadino. (Bauman, 2000, tr. it. 2002).
Difficoltà dei giovani a individualizzarsi e bisogno di un sostegno psicologico
Queste difficoltà del vivere nella modernità liquida date dall'incertezza, da una individualizzazione che provoca la paura di non farcela di fronte alle poco rassicuranti condizioni sociali che si devono affrontare e che, in realtà, sono imputabili al sistema che non le ha studiate e risolte, per esempio, in sede politica, come l'impotenza che si vive di fronte alla forbice che sussiste tra quelli che sono i nostri diritti e l'impossibilità di farli valere, rendono l'esistenza effettivamente dura e sofferta.
Il muro di gomma che queste difficoltà costituiscono per gli individui sicuramente non li fortifica e non fa che indebolirli, renderli più fragili, inducendo anche, ed erroneamente, ad autocolpevolizzarsi per il loro insuccesso attuale, come se questi impedimenti dipendessero solo dalla loro buona volontà o dal loro talento, dalla loro ambizione che autointerpretano, a torto, come carenti. E' in questa cornice sociale che emerge una richiesta di psicoterapia, un bisogno di essere sostenuti e compresi da un proprio simile (lo psicoterapeuta) in grado di ascoltare benevolmente queste persone, soprattutto giovani, freschi di laurea conseguita anche con il massimo dei voti. Se non si affermano nel mondo del lavoro pensano che sono loro che hanno qualcosa che non va, invece di percepire la loro situazione con il dovuto distacco e riflettere con una maggiore 'oggettività' il loro posto nell'ambito del sistema sociale e di come questo sistema funzioni, attualmente, nell'epoca del neoliberismo (che si spera chiuda al più presto la sua disgraziata avventura sulla scena politica, finanziaria, economica, sociale e con ripercussioni negative anche sui bisogni culturali delle persone), epoca della globalizzazione e dell'individualizzazione senza reti sociali di aiuto, dell'invenzione neocapitalista del lavoratore "flessibile" (senza possibilità di poter rivendicare dei diritti che gli spetterebbero) richiesto dal mercato del lavoro della "società del rischio", tra l'altro in crisi e che invece di assumere sta provocando una grave disoccupazione soprattuto nei settori delle "industrie pesanti" (Bauman, in 28 marzo 2009, p. 26) e dei lavori precari. In Italia assistiamo, a marzo 2009, anche al taglio di posti di lavoro nell'ambito delle scuole di vario grado, secondo una logica mercantilistica che riduce tutto solo al denaro e non attribuisce valore all'educazione, alla scienza e alla cultura (che i neoliberisti considerano, a torto e in blocco, 'di sinistra', mentre invece l'educazione, la cultura e la scienza appartengono a tutti e sono, semmai, contro la disumanità della barbarie, da qualsiasi parte possa venire, e per migliorare le condizioni di vita degli esseri umani). La politica neoliberista porta avanti strategie politiche di biopotere (controllo sulla vita della popolazione, politica razzista contro gli immigrati 'clandestini') (v. "Immigrati, Fini ferma il governo", in la Repubblica, 10 gennaio 2009, p. 1), strategie politiche a favore degli interessi dell'élite del potere dominante (uso dello Stato per gli interessi privati di chi governa), mentre i bisogni dei cittadini vengono negati, anche quelli più elementari che mettono in gioco la sopravvivenza biologica.
I giovani che hanno un lavoro precario o che sono cassintegrati ("Allarme cassintegrati: più 553%", in la Repubblica, 5 marzo 2009, p. 1) non possono certamente permettersi una psicoterapia a pagamento. Il paradosso è che di un sostegno psicoterapeutico ne avrebbero bisogno proprio coloro che di soldi ne hanno pochi o niente e che vivono in condizioni precarie, non solo a livello economico, ma anche rispetto a tutte le questioni extraeconomiche (tra cui lo stare bene con se stessi, la qualità delle loro relazioni, gli affetti, la comunicazione, i bisogni culturali) che permettono un'esistenza degna di essere vissuta. Certo, rimane però la questione, come osserva Antonio Imbasciati (Imbasciati, "L'artigiano delle psicoterapie", in Imbasciati, Cristini, Dabrassi, Buizza, 2008, p. 258), professore di Psicologia Clinica all'Università di Brescia e psicoanalista, se l'individuo sia veramente motivato a intraprendere una psicoterapia, a impegnarsi in un periodo di trattamento che comporta fatica e dolore, a scegliersi uno psicoterapeuta adeguato al suo caso, invece di mostrare irritazione quando inizia il "processo" della psicoterapia. Il potenziale paziente di oggi, in sostanza, vorrebbe una cura veloce, che il suo problema si risolvesse in pochissimo tempo, volendo tutto e subito. Così, scrive amareggiato Imbasciati nella stessa pagina: "L'attuale cultura sembra indurre tutto il contrario di ciò che implica una psicoterapia: tempo, disponibilità emotiva, impegno, implicazione personale, pazienza, riflessione, pensiero e pena. La mentalità medicalista induce semplificazioni, la legislazione induce confusioni."
Da diversi osservatori, dagli anni 90' del secolo scorso a oggi (Carotenuto, 1995; il film francese Tanguy, 2001; Cataluccio, 2004), viene segnalato che i giovani sono più 'immaturi' del passato, come se non volessero crescere, identificandosi con una giovinezza che continua anche nel corso degli anni delle fasi successive del ciclo di vita. Si tratta della "sindrome di Peter Pan"? Forse, oppure è proprio il modo di vivere nelle condizioni della "seconda modernità" (Beck) basato sull'incertezza, la paura di non farcela, che obbliga gli individui a 'regredire' in stili di vita che sono di tipo giovanile. Tuttavia, in questa apparente regressione giovanile dei figli, ma a volte anche dei genitori, la responsabilità non è soltanto di tipo sociologico ed epocale, né da attribuire soltanto ai figli. C'è senz'altro una responsabilità generazionale. I genitori, d'altronde, a partire dalla seconda metà del XX secolo a oggi, sono responsabili di aver favorito uno stile affettivo eccessivamente protettivo anche in età adulta nei confronti della loro prole, complice la società dei consumi. In questo senso, già prima della contestazione giovanile nei confronti dell'autoritarismo patriarcale dei genitori, tipico della prima metà del Novecento, lo psicologo sociale Alexander Mitscherlich pubblicò un saggio che fece epoca e che considerava la società a venire come una "società senza padre", anticipando in sede teorica una tendenza sociale che si sarebbe affermata in Occidente (Mitscherlich, 1963, tr. it. quarta ed., 1973).
Per concludere queste note sulle difficoltà dei giovani di vivere nel mondo della modernità liquida, che provoca la tendenza ad essere 'liberi per forza' anche quando non ci sono le condizioni per individualizzarsi, possiamo osservare che il carico di responsabilizzazione che comporta il percorso di individualizzazione avrebbe senso se il sistema sociale spianasse le strade che devono percorrere gli individui, soprattutto i giovani, per trovare il loro posto nella società. Invece accade che i giovani trovano difficoltà infernali, come rifiuti, porte chiuse, ricatti, corruzione, invito a prostituirsi, per ottenere, eventualmente, un posto di lavoro da precario. Da qui il disagio psicologico attuale e il bisogno di trovare sostegno presso uno psicologo che sappia ascoltare con attenzione le angosce della vita liquida.
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Riferimento cinematografico
- Tanguy (Tanguy, Francia, 2001). Regia: E. Chatiliez. Interpreti:
S. Azema, A. Dussolier, E. Berger, H. Duc, A. Clement, J.-P. Rouve,
A. Wilms.

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