giovedì 14 maggio 2009

Censura e mobbing

INDICE DEI PARAGRAFI

  • Il fatto clinico e x personaggi in cerca di un censore
  • Pensiero unico reazionario e malattia del potere
  • I buchi neri nella personalità del censore e il suo Riccardo III interiore
  • P.S. 20 maggio 2009, pomeriggio
  • Riferimenti bibliografici

"Il presente blog è stigmatizzato per il suo contenuto intollerabile."
Un anonimo censore informatico


Il fatto clinico e x personaggi in cerca di un censore
Luigi Pirandello, come tutti sappiamo, ha scritto il lavoro teatrale Sei personaggi in cerca d'autore (Pirandello, 1921, quarta ed. definitiva 1925, ed. 1990). In questo lavoro, a un Capocomico si presentano cinque personaggi un pò smarriti a cui comunicano che il loro Autore li ha abbandonati, lasciando irrisolta la loro narrazione artistica. In una simile situazione paradossale si viene a trovare l'autore di un blog che mi racconta il suo caso: una situazione veramente puerile e allo stesso tempo allarmante, rispetto a una censura che avrebbe ricevuto il suo blog in un contesto delimitato di lavoro. Chi sono gli x personaggi in cerca di un censore dell'autore di quel blog?
Queste riflessioni si riferiscono, dunque, alla scritta sopra riportata a mo' di citazione e che l'amico, autore di quel sito, ha trovato sovraimpressa sopra il titolo del suo blog, non si sa bene se relativa a un solo terminale o a tutti i terminali dell'istituzione in cui lavora. Tuttavia, dopo aver compiuto una ricerca sia su svariati pc da tavolo e notebook all'esterno dell'istituzione in cui l'autore del blog in questione lavora, come in diversi computer che si trovano dislocati in altre sedi territoriali dello stesso organismo lavorativo, è stato ironicamente appurato che la censura in questione è limitata, esclusiviamente, a un computer collettivo situato nell'ambiente di lavoro di quell'autore di blog che ogni tanto si serve. Dunque, la 'censura' proviene da un solo computer e può essere stata architettata da un gruppo di individui mobber d'accordo tra loro, ostili nei confronti di quell'autore di blog, tra l'altro mobbizzato dall'istituzione e sfornito di computer nella sua stanza di lavoro. Ed ecco qui gli x personaggi in cerca di un censore.
Su queste basi certe, l'autore del blog 'censurato' (sic!) ha individuato il tizio che si è dedicato con tanta cura al lavoro di 'censura', trattandosi di un individuo servile e servo di un piccolo potere angariante che si celebra in quel minuscolo ambiente di lavoro, condiviso da altri piccoli e mediocri individui che frustrati nel lavoro provano un'enorme piacere nel proiettare, patologicamente, la loro nullità su qualcuno che non c'entra nulla con la noia con cui trascinano avanti la loro misera esistenza.
Perché un blog dovrebbe avere un "contenuto intollerabile", e chi decide di questo? Chi realizza, nel suo particolare contesto, una censura del genere, o almeno un tentativo di censura, sta esercitando una pressione autoritaria e vuole impedire che ci sia qualcuno che 'canti' al di fuori del 'coro'. L'unica possibilità di parlare consentita, in questo caso, allora sarebbe quella del conformismo collettivo consentito dal vertice di un'istituzione. La cosa choccante è che un blog che riguarda liberamente Internet e i suoi utenti nel mondo virtuale (il globale), possa essere demonizzato da un'istituzione particolare radicata nel territorio (il locale), per motivi di perversione morale dei suoi operatori di alto livello e che nel proprio microcontesto di rete sub-informatica faccia apporre una scritta stigmatizzante sul blog 'incriminato' (sic!) da parte di un viscido servo del minuscolo potere istituzionale e locale, naturalmente, a torto.
In un mondo libero e democratico la libertà di parola, il diritto di espressione, sono condizioni che favoriscono il dialogo tra interlocutori che hanno pari diritto in una comunicazione basata sulla ragione delle argomentazioni. Filosofi come Karl Otto Apel e Jurgen Habermas, sul tema della pari dignità dei soggetti che argomentano basandosi sulla chiarezza dei loro punti di vista (e che riguarda la comunicazione e la "teoria dell'agire comunicativo"), hanno scritto dei libri (v. Habermas, 1981, quarta ed. 1984, tr. it. 1997, 2 voll.; Habermas, 1983, tr. it. terza ed., 2000). Anche in Internet c'è libertà d'espressione e di parola, per cui la censura scatta solo nel caso in cui ciò che si propone, si dice o si rappresenta in immagini va contro la Carta Costituzionale di un Paese o il codice penale. Se invece ciò che si scrive e le immagini che si propongono sono un modo per fare cultura, soprattutto esercitando la funzione critica della ragione e l'immaginazione, allora chi dispone di un potere, all'interno di un'istituzione, e lo esercita non in base ad una legittima 'autorità autorevole', dunque in base ad argomentazioni che pone alla verifica della discussione intersoggettiva, ma sulla base dell'autoritarismo e della repressione, dunque sul piano della forza dispotica e moralmente perversa, si trova già dalla parte del torto.
Chi si sente 'attaccato' da serie argomentazioni saggistiche dovrebbe dialogare e chiarire il proprio punto di vista, se ne ha uno, con altrettante argomentazioni per giungere alla chiarificazione delle parti e sciogliere le contrapposizioni conflittuali con gli strumenti offerti dal pluralismo democratico e dalla accettazione della differenza: l'uso dell'intelligenza e della ragione, il dialogo, il confronto tra le parti, il superamento delle contrapposizioni, la pacificazione amicale e la buonafede. Se, al contrario, si vuole esercitare un potere manipolatorio e demagogico sull'altro basato sulla malafede e la volontà di dominio fine a se stessa, allora si abusa del proprio ruolo di potere con la prevaricazione, la prepotenza, l'uso degli apparati di potere per avere a tutti i costi la possibilità di prevalere su chi ha come forza solo le sue argomentazioni, mentre il prevaricatore, che probabilmente riveste un ruolo gerarchicamente superiore nell'istituzione in cui lavora, ha la possibilità di manovrarla e di mettere dalla propria parte gli alti dirigenti come lui, e anche chi riveste responsabilità a un livello apicale ancora più alto, come anche gli operatori di basso livello funzionale, naturalmente agendo di nascosto e alle spalle della sua vittima designata che ha creato il blog 'incriminato', in modo da isolarla il più possibile.
Pensiero unico reazionario e malattia del potere
Così, chi ha il potere in un particolare contesto può ordinare ai tecnici informatici dell'istituzione di far sovrapporre sopra il titolo di un blog, 'filtrato' nell'Internet di servizio locale, l'avvertenza "Il presente blog è stigmatizzato per il suo contenuto intollerabile", esercitando una inammissibile e antidemocratica censura di stampo fascista. La cosa ancora più grave è che l'oscuro censore mostra di essere un vigliacco, perché invece di affrontare apertamente il conflitto provocato dai contenuti di un blog con argomentazioni serie, basate sulla ragione e la giustizia, e un dialogo di verifica intersoggettiva, esercita un tentativo di censura autoritaria che rivela la sua mediocrità e meschineria, avvertendo gli utenti che entrano nel blog che quello ha "contenuti intollerabili", come se gli utenti non potessero decidere con la propria testa, in piena autonomia, sulle argomentazioni contenute in quel blog. E' come se il censore considerasse gli utenti di un buon blog incapaci di assumere una posizione intelligente rispetto al sito 'incriminato', peraltro, 'incriminato' perché dice le cose come stanno, un blog, tra l'altro, serio e di cultura.
E' probabile che il censore di un'opera sia soggettivamnete coinvolto, si sente attaccato personalmente e che sia per invidia, sia perché il blog tocca "il dente che duole" del censore, ecco che, sfruttando la sua posizione di potere all'interno dell'istituzione, può far contrassegnare un blog 'che non digerisce' con una scritta stigmatizzante che tenta di svalutarlo. E' la logica autoritaria a cui la generazione del '68 si era ribellata, ed ora ritorna, in maniera reazionaria e conservatrice, in politica e nelle istituzioni, nell'epoca globale di Internet, non solo presso i cittadini che si reputano di destra o di centrodestra, e questo sarebbe 'ovvio' del resto, ma soprattutto presso i cittadini che si reputano di sinistra o di centrosinistra, e questo è veramente paradossale.
Chi esercita la censura autoritaria e repressiva avvalendosi di un dispositivo di potere, nei confronti di chi esercita il suo diritto di esprimersi con il linguaggio e ogni altra forma di espressione culturale in un paese democratico, soffre di delirio di onnipotenza ed è un sostenitore del pensiero unico reazionario nell'istituzione in cui, nell'opacità del suo apparente anonimato, vuole mettere paura a chi crede nella sola forza della ragione, della giustizia, che è contro i soprusi del più forte.
I buchi neri nella personalità del censore e il suo Riccardo III interiore
Il censore in questione è probabile che abbia una personalità simile a quella del Riccardo III di William Shakespeare (Shakespeare, 1597, tr. it. 1988): un individuo dalla "sadica perversità" e dalla "disumana ferocia" che trama alle spalle degli altri le azioni più ignominose, macchiandosi di delitti anche gravi. Certo, nel caso in questione, il censore è solo un individuo incline alla ostilità e che ha la 'gobba' interiorizzata, piuttosto che visibile come nel caso di Riccardo III, e quella 'gobba' ha un significato simbolico del tutto negativo, rispetto agli intenti e alle azioni cattive che trama, con i suoi complici, alle spalle della persona che in teoria vorrebbe 'colpire', rivelando, in pratica, tutta la sua miseria, provocazione, malevolenza, chiusura relazionale. D'altra parte, un censore del genere può essere solo un 'manovale' dei veri mobber che abitano ai 'piani alti del'istituzione' e che si guardano bene dal mettersi in scena in prima persona, come dovrebbe essere, nell'affrontare le questioni conflittuali istituzionali e risolverle in senso favorevole per tutti.
Non di rado il censore è un individuo "perbene" la cui Ombra, in senso junghiano, non è stata elaborata, per cui sono attive e "messe in atto" quelle parti di essa caratterizzate da elementi di paranoia e di perversione morale. Questo censore detiene, naturalmente, qualche potere e che, nonostante il suo iter formativo di studi superiori e di formazione pluridecennale nel campo in cui lavora, è rimasto in balia di istanze arcaiche della sua personalità che non è riuscito a risolvere e maturare, nonostante tutto. In questo caso, l'autoritarismo fascista non appartiene solo a una presunta logica istituzionale, ma è ancora prima radicato in problematiche irrisolte della personalità e nella subdola filosofia del 'vince il più forte', che prende forma nei casi di mobbing provocato contro chi vuole semplicemente esercitare il proprio mestiere, con scienza e coscienza.
Il censore, d'altra parte, se ha sovraimposto sopra il titolo di un blog che lo 'ferisce' una scritta di censura significa che ha ben letto il blog e che gli sta attribuendo un gran valore, proprio con l'atto di censura stesso. Sappiamo che nei periodi di proibizionismo, la 'cosa proibita' dalle autorità doveva, secondo le autorità stesse, portare al rispetto del divieto autoritario e repressivo, mentre di solito aveva l'effetto opposto, cioè la 'cosa proibita', proprio perché 'proibita', veniva ancora di più resa attraente e ricercata.
In fondo, l'avvertimento di censura sovraimposto sopra il titolo di un blog all'interno di un'istituzione, con un atto francamente illecito, accresce ancora di più il bacino di utenza dei lettori di quel blog: il divieto provoca la trasgressione e rende la 'cosa proibita' ancora più appetibile, più attraente. In questo senso, l'autore di un blog, 'messo all'indice' ai tempi di Internet da un ristretto potere locale istituzionale, non può che 'ringraziare' il censore per avergli prestato tutta questa attenzione e anche se, al negativo, gli attribuisce grande importanza.
Così, è possibile che il censore, invidioso e che si sente risentito dal fatto che il blog preso di mira non l'abbia creato lui, ma probabilmente un sottoposto che lavora nella sua stessa istituzione, realizza la censura perché sa che quel blog è seguito da diversi membri di quella istituzione, che naturalmente ci tengono a rimanere anonimi e che, indirettamente o direttamente per motivi di lavoro, sono in contatto con l'autore di quel blog, compreso l'anonimo censore che invece fa finta di nulla.
D'altra parte, è possibile che l'iniziativa della censurina del blog sia partita da un impiegato, di livello funzionale basso, che è un individuo brutto dentro, per il vuoto d'anima che lo rende sterile e meschino, e brutto anche nel fisico e che si diletta con il computer. Un individuo del genere, talmente frustrato nella vita, che si annoia sul lavoro, che non fa che manipolare gli altri, se si lasciano manipolare, per avere influenza su di loro e sentirsi 'importante' mentre invece è solo un servo del potere, che tenta di mobbizzare chi, al contrario, coltiva altri interessi e ha propositi sicuramente migliori e che viene al lavoro per svolgere il suo lavoro e che si seleziona le sue amicizie. Quel piccolo censore, nel caso in cui fosse quell'impiegato di basso livello, è solo, volendo fare riferimento a una espressione di Simone de Beauvoir (de Beauvoir, 1947, tr. it. 1975), un "sotto-uomo" che ha fallito nel compito di diventare un vero essere umano, che ha fallito nel compito di umanizzarsi nel nietzschiano "diventa ciò che sei".
Tra l'altro, un lettore di quel blog, censurato in un'area limitata del web, commenta la censura nel seguente modo: "La censura di un blog di svago o di cultura, del tutto legittimo? Cosa ne penso? E' solo opera della cattiveria di un mentecatto!"
L'autore di quel blog censurato in un piccolo contesto istituzionale, che naturalmente non può che rimanere a sua volta anonimo, mi incarica di riferire che ringrazia il censore, e che, inoltre, non può fare a meno di esprimere il suo sentimento di compassione nei confronti della sua pochezza come essere umano.
P.S. 20 maggio 2009, pomeriggio
L'autore del blog 'censurato', nella sede in cui 'lavora', a una verifica del pc collettivo in cui è costretto ad accedere, non avendo l'istituzione acconsentito a fornirlo di computer come gli altri lavoratori perché mobbizzato, ha potuto accertarsi che dopo la pubblicazione di questo scritto riflessivo, che accenna alla sua incresciosa vicenda, la scritta stigmatizzante sovraimpressa sopra il titolo del suo blog è stata eliminata da parte del censore. Non c'è dubbio che questi ha letto avidamente la presente riflessione e ha ritenuto saggio ritornare sui suoi passi, togliendo il contrassegno infamante al blog dell'amico che mi ha chiesto di scrivere in suo soccorso. L'autore del blog non più censurato mi ha comunicato che l'istituzione in cui lavora promuove i mediocri, e i lavoratori che invece sono appassionati al loro lavoro, si formano continuamente anche a loro spese, vengono messi da parte, vengono mobbizzati perché 'diversi'.
Purtroppo l'Italia è uno di quei Paesi in cui il mobbing nelle istituzioni si è allargato a macchia d'olio, come osservano in una recente pubblicazione due specialisti universitari di Firenze di questo settore di studi (Giorgi, Majer, 2009). Di solito, come i lavoratori mobbizzati sono persone in gamba o che hanno qualche loro peculiarità, così i persecutori o mobber sono dei mediocri a tutti i livelli della scala gerarchica dell'istituzione. Di recente, l'amico del blog 'censurato', e che poi si è accorto dell'eliminazione della censura dal pc collettivo in cui lavora, mi ha comunicato che un alto funzionario dell'istituzione, a cui deve anche il suo mobbing, che ha continuato a prenderlo in giro non risolvendo la sua situazione, adesso a sua volta è stato "fatto fuori" dai piani alti dell'organizzazione gerarchica. La profezia del detto "chi la fa, se l'aspetti!" in questo caso si è realizzata pienamente contro un mobber. Anche se l'amico del blog mobbizzato rimane, per adesso, tale nella sua situazione mobbizzante, deve aspettare che maturino i tempi per prendere atto se cambiando qualche capo la sua situazione sarà presa in considerazione in altro modo. Per adesso riflette, 'come un buddhista', sul detto profetico "chi la fa, se l'aspetti!", credendo che la migliore cosa sia prendere la distanza dalla dialettica vittima e carnefice.
Riferimenti bibliografici
de BEAUVOIR S.
- 1947, tr. it. Per una morale dell'ambiguità, Milano, Garzanti, 1975.
GIORGI G., MAJER V.
- 2009, Mobbing: virus organizzativo. Prevenire e contrastare
il mobbing e i comportamenti negativi sul lavoro, Firenze, Giunti
O.S. Organizzazioni Speciali.
HABERMAS J.
- 1981, tr. it. Teoria dell'agire comunicativo, 2 voll., trad. sulla terza
ed. or. 1984, Bologna, Il Mulino, 1997.
- 1983, tr. it. Etica del discorso, Bari-Roma, Laterza, terza ed., 2000.
PIRANDELLO L.
- 1921, Sei personaggi in cerca d'autore, quarta ed. 1925, in Sei personaggi
in cerca d'autore. Enrico IV, Milano, Arnoldo Mondadori, 1990.
SHAKESPEARE W.
- 1597, tr. it. Riccardo III, Milano, Garzanti, 1988.

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