INDICE
1. La crisi dell'Impero austriaco nel primo ventennio del Novecento e l'elaborazione della perdita
2. Crisi italiana e globalizzazione nel 2011
3. Crisi, cambiamento, valenze di opportunità
4. Sfide globali
Riferimenti bibliografici
Riferimento cinematografico
1. La crisi dell'Impero austriaco nel primo ventennio del Novecento e l'elaborazione della perdita
La situazione storica della crisi e della fine dell'Impero austriaco nel primo ventennio del XX secolo, dunque le conseguenze catastrofiche della Prima guerra mondiale e dei suoi morti, dell'epidemia del virus della "Spagnola" che si risolve in un'ecatombe umana e che causa anche la morte di Gustav Klimt (1862-1918) e poco più tardi, sempre nel 1918, uccide Edith, la moglie incinta di Egon Schiele (1890-1918), e poi lo stesso virus, nonostante le precauzioni preventive adottate da Schiele, fa fuori anche lui. Era, quella, anche l'epoca di Sigmund Freud e della psicoanalisi dei pionieri, oltre che del suo fondatore.
Ernesto de Martino (1908-1965) ha utilizzato la categoria dell' "apocalisse culturale" (de Martino, 1977, nuova ed. 2002) per riferirisi a situazioni epocali di fine e trasformazione storica caratterizzate dallo spaesamento, dalla "crisi della presenza". Se la "presenza" si riferisce all' "esserci" hedeggeriano, come nel caso di una vita dotata di senso vissuta in un contesto a cui il soggetto attribuisce a sua volta senso, la "crisi della presenza" è caratterizzata dal venire meno del senso che il soggetto dà al suo mondo. La "crisi della presenza" è una condizione che le persone vivono come un rischio, in cui sentono che i riferimenti a cui sono abituate sono venuti meno. Allora ci si sente 'spaesati'. Questa condizione di crisi è data dal vivere un cambiamento drammatico, come una malattia, una morte, una migrazione, oppure una conflittualità morale.
In fondo, la fine di un'epoca storica provoca una crisi nei punti di riferimento personali, sociali, culturali, ci si trova in una condizione di incertezza dolorosa, di spaesamento, come accade con la fine dell'Impero austriaco di Franz Joseph I von Osterreich (1830-1916), ossia Francesco Giuseppe, come è accaduto più tardi, nel corso del Novecento, con la "fine delle ideologie" (Bell), negli anni '70, e come sta accadendo con la globalizzazione dal 2000 in poi, fino ai nostri giorni. Non è un caso che depressione economica (2007) e precariato giovanile lavorativo, introduzione del "lavoro flessibile" (Sennett) e dei contratti di lavoro a tempo determinato abbiano provocato una sorta di "spaesamento" rispetto a quelli che erano i punti di riferimento dello "Stato sociale". Il passaggio dallo "Stato sociale" allo "Stato minimo" di Nozick (1938-2002) può essere un trauma, uno spaesamento non dà poco, che immette sulla scena del sociale un carico di disagio psichico relativo a una situazione epocale caratterizzata dalle generazioni del precariato, e che comporta un sapere psicologico e psicoterapeutico nuovo, da adeguare alle nuove circostanze storiche, antropologiche e sociologiche. Ritorniamo, per adesso, alla situazione storica della fine dell'Impero austriaco.
Quella situazione geografica e storica, anche a causa del clima politico, economico, psicologico, sociale, culturale, caratterizzato da eventi che possono essere evocati dalle parole fine, separazione, morte, frustrazione collettiva per un bel periodo che finiva (la Felix Austria), dunque cambiamento che comporta di fare i conti con la psicologia della perdita, ben si presta alle riflessioni di Sigmund Freud (1856-1939) sulla melanconia e il lutto, l'attualità della guerra e la morte. Quell'anno era il 1915. La fine dell'Impero austriaco, con tutto ciò che comporta, è vissuta come "la fine del mondo", una "apocalisse culturale", direbbe l'antropologo Ernesto de Martino, un mondo amato da tanti che si sgretola e che si consegna, irrimediabilmente, al passato.
Ogni perdita dell'"oggetto amato" viene vissuta con dolore, lo sappiamo dalle persone che vivono la morte di un proprio caro, dalla separazione dell'amante a cui si è stati uniti per un tempo importante della nostra vita. L'elaborazione del lutto, come ha scritto John Bowlby (1907-1990), comporta l'attraversamento di alcune fasi prima di accettare la perdita irrimediabile della persona cara a cui siamo stati legati, e successivamente l'apertura al mondo degli altri per amare ancora la vita (Bowlby, 1979, tr. it. 1982). In fondo avviene qualcosa di simile nei confronti di quelli che possiamo chiamare gli oggetti culturali. Così, la fine dell'Austria asburgica imperiale comporta l'elaborazione del suo lutto, e non è per nulla facile per gli austriaci, e per gli altri popoli satelliti che facevano parte dell'impero, ormai in frantumi, uscirne fuori mentalmente.
Freud osserva che l'aggressività dell'uomo rimane tale, che non si può eliminare, ma solo indirizzare in altro modo, in modo, cioè, che non provochi danno a sé e agli altri. La "sublimazione" è uno di questi modi, ossia incanalare l'aggressività in forme culturali socialmente accettate, nel lavoro, nello sport, nell'arte, in un'attività culturale, invece di usare l'aggressività per uccidere altri esseri umani, come nella guerra. Freud formula queste riflessioni in Considerazioni attuali sulla guerra e la morte nel 1915, come in Perché la guerra? (Carteggio con Einstein) nel 1932.
Freud scrisse una memorabile riflessione breve sulla fragilità della natura, degli esseri viventi, di pregevole sensibilità psicologica e filosofica, dal titolo Caducità (Freud, 1915c), dove al poeta Rainer Maria Rilke (1875-1926), in presenza di Lou Salomé (1861-1937), durante una passeggiata primaverile nella campagna di Gmunden, comunica il suo punto di vista in risposta all'osservazione malinconica di Rilke che la natura fiorita ben presto svanisce e che mette nell'anima tristezza. Freud allora dice che trova stupefacente la bellezza della natura primaverile e la sua relativa rarità ciclica conferisce ancora più valore ad essa. Lo sfiorire dei fiori, come in fondo l'invecchiamento umano, non può avere niente di triste perché la vita, nel suo divenire, è unica ed ha un valore in sé.
Del resto, possiamo aggiungere, ogni essere umano, come ogni presenza vitale della natura, ha anche un valore estetico che non si deve per nulla sottovalutare. La bellezza che è in noi e nel mondo ha anche una valenza terapeutica. Come dice Fedor Michajlovic Dostoevskij (1821-1881), "la bellezza salverà il mondo", e questa frase dà il titolo anche a un saggio tradotto in italiano del bulgaro-francese Tzvetan Todorov (Todorov, 2006, tr. it. 2010), dedicato a Oscar Wilde (1854-1900), Rainer Maria Rilke e Marina Ivanovna Cvetaeva (1892-1941), e pubblicato da noi nel 2010. D'altra parte, da quando esiste l'uomo, l'arte ha avuto da sempre un'importante funzione espressiva, auto-terapeutica, culturale. Non è un caso che lo stesso Freud si sia dedicato a psicoanalizzare la personalità di qualche artista e a riflettere sull'opera d'arte e la sua funzione nella vita degli esseri umani.
In un mondo in crisi e che sta cambiando, un mondo pieno di sofferenza e di disturbi mentali, disseminato di cadaveri, anche nella famiglia Freud, tra cui un figlio morto in guerra, il cinquantanovenne Freud, nel 1915, riflette su quanto sta accadendo e riflette da psicologo e filosofo. Peter Fonagy e Mary Target, insieme ai loro collaboratori, hanno elogiato la funzione riflessiva come una 'funzione' della mente tendenzialmente 'sana', la mente capace di mentalizzare (Fonagy, Target, tr. it. 2001, a cura di Lingiardi e Ammaniti). Wilfred Ruprecht Bion (1897-1979) direbbe che la mente è capace di trasformare le percezioni sensoriali beta in elementi mentali alfa quando funziona in modo 'sano', dove 'beta' e 'alfa' sono lettere dell'alfabeto greco che non hanno un significato particolare in se stesso, per cui sono state scelte da Bion solo per indicare le 'percezioni sensoriali', da un alto, e l'avvenuta trasformazione in 'simboli mentali', dall'altra (Bion, 1963, tr. it. seconda ed. 1979) .
Certo, Freud aveva anche i suoi conti aperti con l'inconscio, per cui le sue angosce borderline cercava di alleviarle con la passione verso i sigari, che alla fine lo fecero ammalare di tumore alla gola (v. Lesourne, 1984, tr. it. 1986), mentre all'inizio della sua carriera di neurologo fu consumatore di cocaina, anche se per un periodo non lungo, consigliandola, ignorando le conseguenze nefaste di questa sostanza, anche a un suo collega medico per combattere la dipendenza dalla morfina (sic!) (Freud, 1974, raccolta di saggi sulla cocaina a cura di Robert Byck, tr. it. seconda ed., 1995) .
Freud era anche autoritario, come ha osservato Erich Fromm (1900-1980) (Fromm, 1959, tr. it. terza ed. 1978, v. il capitolo sei), e ciò lo rendeva rigido e incapace di accettare i punti di vista di altri psicoanalisti autorevoli e geniali come Alfred Adler (1870-1937), Otto Rank (1884-1939), Carl Gustav Jung (1875-1961), per cui, piuttosto che accettare, democraticamente, la differenza di altre impostazioni teorico-psicologiche come un arricchimento della psicoanalisi, Freud stigmatizzava ogni contributo creativo che provenisse dagli altri membri del movimento quando entrava in dissonanza con il suo, così considerava gli altri membri creativi "eretici", e scelse di cacciarli o di accettare la loro fuori uscita dal Movimento psicoanalitico viennese dove c'era posto solo per il genio di Freud, mentre la maggior parte di coloro che rimaneva nel movimento veniva considerata 'mediocre' e 'conformista', tranne l'eccezione di qualche 'creativo' quasi-ortodosso come Sandor Ferenczi (1873-1933), che preferiva sfidare le ire del 'maestro' depresso e il suo uso perverso delle stigmatizzazioni psichiatriche quando lui, Ferenczi l''allievo', proponeva nuovi punti di vista teorici o innovazioni tecniche nelle sedute psicoanalitiche.
Sigmund Freud ha scritto moltissimo, tra saggi, brevi riflessioni, lavori per conferenze, presentazioni di 'casi clinici' (scritti in maniera discutibile, come qualcuno ha sottolineato), lettere, necrologi. Come mai questa grafomania? Un motivo di certo c'è. Scrivere ha una funzione terapeutica. Così, in un periodo pieno di sofferenza e di perdite, come gli anni della Prima guerra mondiale e della fine dell'Impero austro-ungarico, la riflessione psicologica aiuta a trovare senso nei fenomeni della perdita. In fondo, Karl Jaspers (1883-1969) ha dedicato il secondo volume della sua Filosofia alla chiarificazione esistenziale (Jaspers, 1956, tr. it. 1978, v. pp. 31-42), e cosa c'è di meglio se non scrivere i pensieri per chiarire le proprie emozioni disturbanti?...
Quando la mente è invasa da emozioni destrutturanti che provocano una crisi nella lucidità della coscienza, del pensare, del ragionare, ci sentiamo come naufraghi in un mare in tempesta, precari, e cerchiamo un necessario ancoraggio solido che ristabilisca l'equilibrio mentale, la lucidità del pensiero, la capacità di regolare le emozioni in armonia con il nostro 'benessere mentale'.
2. Crisi italiana e globalizzazione nel 2011
[...]le autorità italiane, quelle governative, quelle provinciali, quelle cittadine [...]. Non sono riuscite ad armonizzare la realtà, perché sono state incapaci di armonizzare prima, nel pensiero, gli elementi della realtà stessa. Esse ignorano la realtà, ignorano l'Italia in quanto è costituita di uomini che vivono, lavorando, soffrendo, morendo. Sono dei dilettanti: non hanno alcuna simpatia per gli uomini. Sono retori pieni di sentimentalismo, non uomini che sentono concretamente. Obbligono a soffrire inutilmente nel tempo stesso che sciolgono degli inni alati alla virtù, alla forza di sacrificio del cittadino italiano.
Antonio Gramsci, da "Politici inetti [Una verità che sembra un paradosso]", 3 aprile 1917, in Odio gli indifferenti, Chiarelettere, Milano, 2011, p. 8.
Che psicologo della politica era Antonio Gramsci (1891-1937)! Il passo di cui sopra mette in risalto un punto importante rispetto a una qualità necessaria che deve avere il politico di profesione, e cioè che deve essere in grado di grande empatia e immaginazione, deve essere capace di mettersi nei panni dei cittadini e considerare quali bisogni e servizi siano per loro importanti da soddisfare, per evitare inutili sofferenze.
L'amministratore, il politico, deve essere capace di pensare il bene comune e lottare, come politico, insieme ai suoi compagni di cordata, per fare in modo che ciò che si è chiarito nella propria mente, nel proprio pensiero, sia condiviso con gli altri e trasformato in realtà, se risponde a criteri di giustizia e democrazia sociale, proponendo disegni di legge in parlamento affinché siano votati favorevolmente, promossi e perfezionati a legge di Stato grazie alla firma del presidente della repubblica e adottati dalla collettività nazionale a cui si riferisce.
Se invece le leggi che vengono approvate sono apertamente ingiuste, è sensato che movimenti collettivi di cittadini si organizzino per protestare contro e al limite proporre lo strumento istituzionale previsto dalla Carta costituzionale, quale è il referendum, per abolire la legge ingiusta e proporne una giusta.
Naturalmente, il pensiero che il politico si deve chiarire, tenendo presente il punto di vista di Gramsci, deve avere un valore sociale e deve essere a favore dei cittadini, per il loro bene, e non un pensiero furbo a vantaggio di un solo individuo e/o di pochi, per un loro privilegio di casta, come, per esempio, è accaduto nell'operato dei capitalisti che hanno provocato una truffa, e il conseguente danno alle spalle dei risparmiatori, dunque anche a scapito della maggioranza dei cittadini. In fondo è quello che abbiamo visto con il "capitalismo parassitario", come lo definisce Bauman (Bauman, tr. it. 2009), il capitalismo truffaldino alla Bernard Madoff, il capitalismo dei "mutui subprime", e che si è mondializzato, così come le ripercussioni negative del capitalismo finanziario scorretto dagli Stati Uniti è arrivato nei Paesi dell'Unione europea, provocando dei gravi sconquassamenti economici anche da noi.
Oggi in Italia, ma anche nel mondo globalizzato, non siamo ancora riusciti ad uscire dalla crisi provocata dalla new economy del capitalismo finanziario, forma di capitalismo della cosiddetta "finanza creativa" che ha provocato la Prima Grande Depressione Economica del 2007, con ripercussioni spaventose di disastri umani che si sono proiettati negli anni a venire, per adesso fino al 2011, anno in cui sto scrivendo queste riflessioni. Così abbiamo avuto un aggravamento della disoccupazione e del precariato nel lavoro, una politica governativa mediocre, neoconservatrice e neoliberista, al servizio dei ricchi e contro il ceto medio e le fasce sociali più svantaggiate e povere, dunque un'economia di mercato selvaggia, senza regole, il prevalere di un'ideologia della furbizia egoistica e della corruzione, una psicopatologia delle motivazioni primarie (per esempio, ricerca distorta della sicurezza, sesso escort a buon mercato, uso di droghe come la cocaina per superare stress ed emozioni negative, per disinibire l'aggressività repressa e liberare la spinta sessuale verso il possibile partner con cui condividere l'esperienza erotica, senza considerare rischi e conseguenze negative sulla salute nell'uso di questa sostanza).
L'aspetto più grave di queste tendenze perverse del costume è la crisi etica della classe di governo, della casta, e l'intenzionalità delinquenziale a impoverire la collettività di cultura, di laicità nei modi di pensare, togliendo i finanziamenti alla scuola pubblica, alla sanità, all'università, alla ricerca, alle biblioteche, ai servizi essenziali come le ferrovie e per tutta la rete del Paese. Si privilegia la distruzione dello "Stato sociale", la privatizzazione dei servizi che così tendono a peggiorare, come il bene pubblico dell'acqua, si tende a favorire la clericizzazione delle scuole e delle amministrazioni pubbliche, imponendo il crocifisso nei locali. Personalmente ho notato, in un paesino della Sicilia, che in un grande stanzone del municipio, esclusivamente con donne come impiegate, sulle pareti c'erano attaccati una decina di crocifissi (sic!). Un bel record, non c'è che dire. Si tratta di degenerazioni politico-glocali, in cui il globale si localizza e il locale si globalizza. C'è una strategia farisaica del governo per avere come alleata la Curie romana, nonostante l'assoluta mancanza di eticità dell'attuale governo italiano di centrodestra.
Grazie al berlusconismo, la politica dello "Stato minimo" di Nozick (1938-2002) - insieme al thatcherismo, al reaganismo, al bushjuniorismo, nelle versioni più neoconservatrici e degradate, passando dal neoliberismo dell'economista di Chicago Milton Friedman (1912-2006) - è diventata l'attuale deriva della realtà italiana. All'estero ormai sanno che non tutti gli italiani sono 'berlusconiani' e che c'è una forte opposizione contro lo sfascio a cui la coalizione di centrodestra del governo sta portando l'Italia. Purtroppo anche i sindacati confederali (Cgil, Cisl, Uil) sono divisi tra loro, e la festa del primo maggio 2011 sembra che non verrà festeggiata nel segno dell'unità sindacale. Le forze politiche di opposizione non stanno a guardare, fanno sentire la loro voce nei due rami del parlamento, e anche se la 'maggioranza' del parlamento è filogovernativa non è detto che i loro disegni di legge - anti-democratici - riescano per forza di cose a passare.
La politica italiana attuale, purtroppo, rispecchia le profonde scissioni che attraversano il Paese, con ripercussioni catastrofiche su quella che dovrebbe essere l'ideale nobile del bene comune a cui si dovrebbe ispirare la politica del governo, mentre invece è la politica della casta governativa, e in particolare del 'bene individuale' del solo premier attuale, e anche dei ricchi contro i poveri, che così impoverisce la stessa democrazia, facendo coincidere la politica governativa con la politica di una minoranza di privilegiati, mentre la maggioranza degli italiani, fino a poco tempo fa 'cittadini' di una grande nazione civile, li si vuole far regredire allo status di 'sudditi' di un regime demagogico e dispotico.
Considerando il livello mediocre e di bassissimo profilo etico del neoliberismo, che accetta la pratica della corruzione e dell'illegalità nel business, e di governi neoconservatori, caratterizzati da un'ignoranza spaventosa della stessa storia del pensiero politico, per non considerare un'ignoranza delle scienze sociali nel suo insieme e del concetto di salute mentale e delle varie forme di psicopatologia, che hanno una grande rilevanza soprattutto quando c'è in gioco la guida politica di una nazione, oggi assistiamo a una intenzionale rimozione delle molteplici forme della cultura, che dovrebbe, al contrario, essere il fiore all'occhiello di un popolo, una nazione, un Paese dell'Unione europea, assistiamo alla scissione dell'etica dalla politica, ignorando quanto osservato dal sociologo Max Weber (1864-1920) sui requisiti che formano un vero 'politico di professione', ossia l'arte di combinare l' "etica della convinzione" con l' "etica della responsabilità", adottando dei nobili ideali come guida della propria prassi politica (Weber, 1919, tr. it. 1976), inoltre assistiamo alla rimozione della democrazia sociale, con grave danno al diritto acquisito di 'cittadinanza'.
Tutto questo, tra l'altro, caratterizza la barbarie attuale del nostro tempo, a inizio della seconda decade del XXI secolo, soprattutto qui in Italia, dove ci troviamo di fronte a una buona parte della classe politica che è responsabile dello scadimento della qualità della vita sociale a cui, purtroppo, la parte migliore dei cittadini italiani e degli onesti è costretta a subire gli stili di gestione politica che si ispirano all'avidità di potere e alla corruzione da parte dell'élite politica del parlamento e del governo in odore di compravendita, frutto dell'errore elettorale di quei cittadini che nuotano a malapena tra le pieghe della "falsa coscienza" politica, o che hanno commesso quell'errore intenzionalmente per calcolo di privilegio.
3. Crisi, cambiamento, valenze di opportunità
E' convinzione accettata, che può avere un fondamento di realtà, che la crisi sia anche una fase storica di opportunità. Oscar Schindler, per esempio, durante la Seconda guerra mondiale, si trasferisce in Polonia, risulta essere iscritto al partito nazista, all'occhiello della giacca ha il distintivo simbolico di appartenenza a quel partito. E' già sposato in Cecoslovacchia, ma in Polonia arriva da solo. E' giovane, bello, elegante, alto, sicuro di sé, sa cosa vuole: sfruttare la crisi per fare molti soldi, con la complicità dei nazisti. Nella Polonia occupata da loro, lui si fa conoscere come uomo generoso, che sa essere "riconoscente" se i gerarchi nazisti lo lasciano fare ed esaudiscono i suoi desideri. In effetti, come abbiamo visto nel film di Steven Spielberg del 1993 dedicato a Oscar Schindler, ossia Schindler's list, quest'uomo apparentemente cinico e disumano riesce a sfruttare la situazione della guerra e la spoliazione degli ebrei di tutte le loro proprietà, trasformati in 'carne da macello', a suo favore.Schindler riesce a mettere da parte ingenti somme di denaro. Tuttavia, anche se conduce una vita da privilegiato, tra molteplici amanti ebree, festini con i nazisti a cui fa recapitare regali da loro ben accettati, la messa a disposizione di un appartamento requisito a una famiglia ebrea per il suo comodo e i locali per la costituzione di una fabbrica di padelle, man mano che si accorge degli orrori commessi dai nazisti, cambia interiormente e decide di salvare le vite di più ebrei possibili, almeno tra quelli che lavorano nella 'sua' fabbrica. Ecco, quello di Schindler è un esempio di sfruttamento di una crisi epocale come opportunità per il proprio tornaconto personale, anche se la successiva metanoia interiore trasforma Schindler in un eroe degli ebrei. C'è però da riflettere meglio su cosa voglia significare 'opportunità'.
Zygmunt Bauman osserva che è arrivato il momento, nella fase attuale della "modernità liquida", che non possiamo più permetterci la vita edonistica e consumistica con cui abbiamo vissuto finora dalla seconda metà del Novecento a oggi (Bauman, con Rovirosa-Madrazo, 2010, tr. it. 2011). In effetti ci troviamo a vivere grandi cambiamenti negativi che vanno dall'emergenza ecologica (tra cui il problema mondiale dell'inquinamento, l'allargamento del buco dell'ozono e lo scioglimento dei ghiaicciai al Polo Nord, l'allarme provocato dall'insicurezza delle centrali nucleari, che dopo la catastrofe di Chernobyl è toccato alle centrali giapponesi di Fukushima nel marzo 2011, disastro radioattivo subordinato allo tsunami e al terremoto che hanno catastrofizzato il Nord del Giappone, ripetendosi il terremoto ancora in aprile con epicentro a Ishinomaki) ai problemi economici mondiali provocati dalle élites dei ricchi che hanno decretato, anche a livello politico, la debolezza o la fine dello "Stato sociale" nei vari Stati nazionali occidentali, indebolendo anche lo status delle democrazie, diventate così sempre più formali, dei contenitori vuoti, dunque meno sostanziali.
Il business delle auto, per esempio, oscura il problema dell'inquinamento. Invece di passare completamente alla produzione di auto ad alimentazione non-inquinante, come quelle elettriche, si continua a proporre, sul mercato, auto a combustione secondo i derivati del petrolio. I manager, gli ad (amministratori delegati) delle maggiori aziende automobilistiche, mirano soltanto a realizzare grandi profitti togliendo diritti ai lavoratori, riducendo i loro salari, e ricattandoli dicendo loro che se non si adattano alle condizioni del management mettono in atto una delocalizzazione delle fabbriche nei Paesi dove la manodopera è più a buon mercato e dove gli operai non hanno le 'pretese' (sic!) di quelli dei Paesi più sviluppati dell'Occidente europeo. Per i manager delle aziende automobilistiche il problema, in sostanza, è uno solo: massimizzare il profitto e basta! La disumanizzazione e l'alienazione sul posto di lavoro non conta, lo Statuto dei lavoratori è come se non fosse mai esistito, il contratto collettivo di lavoro non serve.
Se il capitalismo finanziario contemporaneo è, come dice Bauman, un "capitalismo parassitario" (Bauman, tr. it. 2009), anche il capitalismo industriale robotizzato e informatico si è fatto furbo ed è regredito ai modi di pensare del capitalismo Sette-Ottocentesco, dove le condizioni di lavoro in fabbrica erano effettivamente massacranti e disumane e dove gli operai non avevano riconosciuti i diritti fondamentali circa l'ammontare del salario e condizioni migliori negli ambienti di lavoro, oltre al diritto a un'assistenza sanitaria di base. Solo con la nascita del partito comunista e dei sindacati nei Paesi europei industrializzati dell'Ottocento si è riusciti a imporre ai capitalisti le condizioni desiderate dalla classe operaia, attraverso la lotta di classe, condizioni che si sono perfezionate nel corso del Novecento, fino ad arrivare a stipulare lo "Statuto dei Lavoratori", per esempio, in Italia, istituto con legge n. 300 del 20 maggio 1970.
Tuttavia, il capitalismo industriale avanzato ha trovato i modi per buttare all'aria i diritti conquistati dai lavoratori, per esempio, proponendo il cosiddetto "lavoro flessibile" e i "contratti di lavoro a tempo determinato". Richard Sennett ha messo in evidenza, in un suo importante saggio (Sennett, 1998, 1999 tr. it. 1999), il prezzo anche umano pagato dai lavoratori a causa di queste delinquenziali innovazioni contrattuali dei datori di lavoro.
Tutto ciò ci porta a pensare che fino a quando non ci sarà una 'rivoluzione' nel modo di pensare degli operatori economici, sia di rispetto nei confronti dei diritti fondamentali dei lavoratori, e che questo rispetto della dignità dei lavoratori è più importante della massimizzazione del profitto capitalistico, sia di ostacolare la corsa irresponsabile verso il depauperamento delle risorse della natura della Terra, fino a provocare la catastrofe irreparabile, e chissà, forse irreversibile delle condizioni biologiche che consentono all'ecosistema di configurarsi nella molteplicità delle forme viventi, la vita degli esseri umani sarà profondamente segnata dall'ingiustizia, dall'arbitrio e dalla violenza del più forte.
Occorre un'educazione politica, sociale, culturale economica, su scala mondiale rispetto a un modo di vivere alternativo, che guardi al rispetto delle persone e della natura, piuttosto che a continuare ad abusare sia delle une che dell'altra! Occorre un nuovo modo di pensare collettivo che, come direbbe Franco Fornari (1921-1985), sia basato sulla "vita mea vita tua", ossia quella possibilità di sentire e pensare in termini di responsabilità riparativa che caratterizza l'amore reciproco tra gli esseri umani, piuttosto che sulla "mors tua vita mea", cioè la responsabilità biologica, che è "la forma più elementare di responsabilità", o sulla "mors mea vita tua", ossia "la necessità di sacrificio" propria della nostra specie e che Fornari chiama responsabilità etica (v. Fornari, 1970, p. 145), come occorre educare a praticare i "giochi a somma diversa da zero", quelli basati sul compromesso favorevole tra i soggetti, dunque anche questi basati sulla 'salvezza reciproca', l'amore reciproco, piuttosto che i "giochi a somma zero" e che caratterizzano i conflitti distruttivi, l'uccisione dell'altro, la guerra (v. Watzlawick, 1986, tr. it. 1987), e che lo stesso Franco Fornari considera, in senso psicoanalitico, come "elaborazione paranoica del lutto", cioè come "esportazione sul nemico di una violenza originariamente rivolta agli oggetti d'amore del proprio gruppo" (Fornari, 1970, p. 28) .
Il filosofo Emile M. Cioran (1911-1995) a suo tempo ha sottolineato come la corsa verso il 'progresso' coincide con la corsa verso la catastrofe! Nessuno però ascolta i punti di vista dei filosofi, degli imprenditori illuminati come Aurelio Peccei (1908-1984), tra l'altro fautore del "Club di Roma" nel 1968, insieme allo scienziato Alexander King, e a cui aderirono molteplici studiosi, intellettuali, uomini di Stato. Il Club di Roma realizzò il Rapporto sui limiti dello sviluppo o Rapporto Meadows (1972) che già a suo tempo aveva messo all'erta sulle risorse limitate della natura, in particolare del petrolio, e che occorreva cambiare, anche per limitare l'inquinamento del pianeta, dunque il modo sbagliato di vivere soprattutto nel mondo occidentale, per le conseguenze dannose che aveva, e che in fondo continua ad avere oggi non solo in Occidente, ma anche in Asia e in Africa, sulla salute del nostro pianeta. Tuttavia, occorre constatare che per la mentalità neoliberista e neocapitalista il business del mercato è tutto, il resto non conta! Questo è uno dei motivi del menefreghismo fin troppo umano nei confronti della natura. Anche qui si esercita una violenza che viene considerata "normale", mentre invece è delinquenziale.
Lo storico contemporaneo Tony Judt (1948-2010), nel suo interessante e ultimo saggio, prima di lasciarci il 6 agosto 2010, Guasto è il mondo (Judt, 2010, tr. it. 2011), ha posto in contrapposizione la socialdemocrazia con il neoliberismo e l'economia di mercato, dunque lo Stato sociale contro la sconsiderata privatizzazione di beni e servizi considerati utili alla collettività nazionale, come ferrovie, sanità, scuola, università, acqua, ricerca. Judt osserva che solo il ritorno alla socialdemocrazia può rappresentare la risposta adeguata ai guasti del mondo. L'esempio dei Paesi scandinavi, in questo senso, in quanto Stati socialdemocratici, è un esempio a cui gli altri Stati occidentali dovrebbero ispirarsi, invece di seguire il modello politico ed economico del neoliberismo e dell'economia di mercato, la deregolamentazione, le privatizzazioni dei servizi pubblici che fino a poco tempo prima sono stati gestiti dallo Stato sociale.
In altri termni, lo "Stato minimo" (Nozick, 1974, tr. it. 2005) è una cattiva risposta nei confronti del bene comune di una collettività nazionale, mentre la mondializzazione del modello statunitense neoliberista è una risposta inadeguata e un 'abuso di potere', dunque una violenza, che si pratica negli altri Paesi occidentali e non occidentali. E' sbagliato pensare che pagare meno tasse sia meglio quando si vive in una società che non ti mette a disposizione servizi essenziali che il singolo fa fatica a pagarsi o non riesce per nulla con il suo solo salario operaio o il suo stipendio impiegatizio. Così, un vero Stato con una effettiva democrazia sociale, una reale democrazia, fa pagare le tasse, ma in cambio fornisce ai cittadini i servizi di pubblica utilità a una qualità decente e dignitosa. Il modello neoliberista di Stato, basato sullo "Stato minimo", è una risposta inadeguata ai bisogni necessari dei cittadini, una risposta politica perversa che istituzionalizza l'egoismo, la prepotenza, l'arroganza del più forte e del più ricco, che comporta meno democrazia sostanziale, e solo una forma bugiarda e formale di democrazia, che maschera i veri rapporti di forza e di classe che ci sono in un regime politico sostanzialmente tiranno e di casta, basato sulla conservazione dei privilegi di una piccola minoranza, insensibile, come direbbe Antonio Gramsci, nei confronti della sofferenza del vivere complessivo della maggioranza dei cittadini di uno Stato a cui è stata sottratta la democrazia reale.
Questo quadro disilluso della situazione in cui si trovano a vivere i Paesi occidentali non piace a nessuno, certo, ma i sintomi di questa paradossale tendenza sono sotto gli occhi di tutti. Eppure Freud, rispondendo alle domande di Einstein (1879-1955), nel 1932, osserva che alla parola "potere" si può sostituire la parola "violenza", per comprendere meglio, in tutta la sua crudezza, su che cosa si voglia veramente riflettere. Dunque, il vero argomento che riguarda la guerra, per esempio, è la violenza, così come altre aree fenomeniche dove l'aggressività si fa violenza nell'ambito della società civile. Per Freud, l'aggressività rimane aggressività, tuttavia la si può incanalare verso attività pacifiche socialmente accettate. Questo è tutto.
Solo che, fino ad oggi, l'aggressività continua ad operare nelle sue forme distruttive, e dove il "potere" è aperta "violenza", come abbiamo visto nella reazione di un tiranno come Gheddafi che non ha esitato a uccidere i cittadini in rivolta, in lotta per l'affermazione della democrazia, pur di rimanere attaccato ai suoi privilegi, attaccato morbosamente al suo posto di comando, mostrandosi desposta fino all'ultimo, anche quando veniva delegittimato in quanto capo di Stato. Gheddafi, tuttavia, non ha saputo comportarsi come un capo di Stato intelligente, ma come un individuo ottuso, vendicativo, distruttivo, che ha fatto strage della sua stessa gente, che ha fatto dei prigionieri che poi ha fatto torturare atrocemente, per cui sarebbe giusto che rispondesse del sangue di cui si è macchiato verso il suo popolo di fronte al tribunale dell'Aja. Gheddafi ha mancato l'opportunità di cambiare vita, di lasciare il potere al popolo che vuole libere elezioni per l'affermazione della democrazia. Questo errore il desposta libico e la sua famiglia, i membri del suo governo, probabilmente lo pagheranno caro.
4. Sfide globali
Viviamo in un mondo globale che deve molto alla tecnologia informatica, e dunque a Internet. La rete informatica è ormai presente in tutto il pianeta, e le trasformazioni politiche che stanno avvenendo nel Nord dell'africa, dall'Egitto alla Libia, come nel Medio Oriente (Yemen, Siria, questione Israele-Palestina), le rivolte che dal basso, dalla società, si organizzano contro i regimi dispotici e demagogici, lo si deve anche al passa parola che avviene tramite la comunicazione di rete informatica, probabilmente non solo all'interno di un solo singolo Stato, ma anche tra i popoli dei vari Stati nordafricani e medio-orentali che lottano per un cambiamento politico. Come abbiamo visto, questa lotta politica ha portato molta violenza nel conflitto tra i tiranni e il loro regime dispotico e la società che dal basso preme per il cambiamento democratico. Il sangue che scorre, i morti che alla fine si contano, è il prezzo da pagare per questo conflitto irriducibile per i popoli che chiedono giustizia, uguaglianza, democrazia.
Purtroppo le raccomandazioni di politica internazionale formulate da Immanuel Kant (1724-1804) nello scritto Per la pace perpetua del 1795, che concernono gli accordi che dovrebbero sussistere tra gli Stati affinché una pace duratura venga inaugurata e la guerra abolita per sempre, non vengono prese sul serio nemmeno nel XXI secolo, mentre paradossalmente e ironicamente prevale quell'altra "pace perpetua" che all'inizio del suo scritto il filosofo di Konigsberg aveva consigliato di evitare, ossia la "pace perpetua" che si trova nei cimiteri!
D'altra parte, nel XXI secolo non dovrebbero esistere nemmeno le tirannie, le ingiustizie, le ineguaglianze, mentre, da questo punto di vista, il programma politico dell'Illuminismo kantiano è stato abbondantemente rimosso, anche se la nascita dell'Unione europea è stato un significativo passo avanti per eliminare le guerre tra gli stessi Stati membri dell'Unione.
Oggi, tuttavia, le guerre si fanno tra gli Stati occidentali e gli Stati apertamente dispotici dell'Africa, del Medio Oriente, dell'Asia, se non direttamente tramite le ripicche e le sanzioni degli Stati più forti nei confronti degli Stati più deboli o che, pur essendo forti, si trovano in una situazione di torto, di ingiustizia, di scorrettezza internazionale o anche, clamorosamente, quando nella situazione di politica interna dello Stato dispotico o autoritario vengono adottate politiche o comportamenti non condivisibili dagli Stati democratici e da parte della comunità internazionale.
Abbiamo bisogno di un'economia etica e riparativa, che superi e sostituisca il capitalismo inevitabilmente scorretto e distruttivo, inevitabilmente delinquenziale ed egoistico. La forma di economia basata sul modello di capitalismo truffaldino è spregevole, tanto è vero che i capitalisti che fanno soldi non di rado hanno problemi con la legge, compiono reati finanziari e se entrano in politica utilizzano gli stessi metodi che applicano nelle loro aziende o nella finanza creativa. I capitalisti sono convinti che si possono comprare con i soldi non solo le cose, i servizi, i lussi, i viaggi in prima classe, ma anche gli individui. Basta pattuire il 'prezzo giusto' e 'tutti' si lasciano 'comprare', la corruzione come metodo per 'comprare' anche gli esseri umani che si trovano a vivere una situazione di disperazione, di precariato, come si usa dire oggi, giovani donne che vendono il loro corpo a un 'buon prezzo' al capitalista politico che ha soldi a non finire per dargli piacere, parlamentari che vendono la dignità personale sempre per soldi, perché probabilmente sono entrati in politica per questo scopo reale e opportunistico, non certo perché ispirati dal dare un contributo al bene comune.
Se, come afferma il sociologo tedesco Ulrich Beck (Beck, in la Repubblica, 8 aprile 2011, pp. 1 e 39), viviamo, dalla seconda metà del Novecento in poi, in una società mondiale del rischio, occorre contenere la quantità di rischio per evitare il peggio. A livello globale, allora occorre far crescere sempre di più una democrazia sociale mondiale, dove la psicologia del "noi" contrapposta a quella degli "altri" considerati come estranei al "noi", dunque 'stranieri', del "familiare" (heimlich) e dell'"estraneo" (unheimlich) - volendo utilizzare le categorie freudiane de Il perturbante (Freud, 1919) - vengano sostituite da una psicologia cosmopolita (il "cosmopolitismo" auspicato nella filosofia politica di Kant, e nella sociologia di Beck), in modo da rendere effettiva la fratellanza, l'accettazione dell'altro nel rispetto delle differenze individuali, che faccia convivere, come di recente ha osservato Nadia Urbinati (Urbinati, 2011), uguaglianza e libertà. Solo che questa visione è alternativa a quel pensiero unico neoliberista e dello Stato minimo, che pretende di non avere alternative ad esso, confezionato come un abito dal sarto per una concezione della vita basata sull'egoismo e il privilegio, per una vita dove chi ha i soldi compra la soddisfazione dei suoi desideri smodati. Il capitalista neoliberista pratica il culto di sé, un narcisismo mercenario, basato sulla 'bella presenza', tiene dieci armadi con mille vestiti, in modo che ogni giorno ne indossa uno diverso da quello di ieri, si da arie da 'top model', da personaggio mediatico, i modelli di riferimento per il suo Ideale dell'Io sono le star del cinema o della musica, il suo pallino è quello di incrementare continuamente il business personale, praticando l'illegalità.
Ci sono anche personaggi che appartengono al ceto medio-alto che praticano libere professioni ispirandosi, narcisisticamente, a quel mondo, avendo come 'valori' il denaro e il potere, e in seconda battuta tutti i piaceri che si possono comprare con il bancomat, il contante o gli assegni, magari tra una sniffata di cocaina e l'altra. Tra l'altro, oggi la cocaina si è 'democratizzata' , così la prendono non solo i politici, ma anche manager, medici, magistrati, autisti, vip dello spettacolo, anche prenotandola "on line" (v. Cerno, in L'Espresso, 14 aprile 2011, pp. 58-64).
Qualche giorno fa leggevo sul Corriere della Sera.it un articolo che trattava il caso di un manager distrutto nella mente e nell'organismo dalla dipendenza da cocaina, che non era più in grado di svolgere le sue mansioni professionali, per cui, uscito fuori dal mondo del lavoro, viveva di espedienti come il rubare denaro dai portafogli oppure oggetti vari, tipo qualche cellulare o degli occhiali da sole rimasti incustoditi. D. T. era caduto, per questo, in crisi depressive, aveva anche una ideazione suicidaria e sembra che abbia tentato il suicidio per due volte, ma rinunciadovi all'ultimo momento. Dopo che ha lasciato il lavoro ha continuato a vestirsi dignitosamente, con un vestito. Per realizzare i suoi piccoli furti, si recava all'Università Cattolica di Milano, al Conservatorio, alla Camera di commercio, all'auditorium San Carlo, alle sedi di convegni della stessa città, e quando riusciva a mettere da parte qualche piccolo gruzzoletto gli piaceva andare a dormire negli hotel di prima classe, avendo nostalgia della vita che conduceva prima di cadere in disgrazia. Infatti, quando D.T. lavorava come manager, presso un'istituzione pubblica, veniva pagato molto bene, conduceva una vita all'insegna del lusso, tipo permettersi auto costose, frequentare donne attraenti, fare uso di alcol, sniffare cocaina, passare le notti nei locali. A un certo punto tutto questo mondo è finito, si è ritrovato disoccupato e ha iniziato a vivere una vita randagia, alternando le notti passate a dormire all'addiaccio su qualche panchina, per strada, a qualche notte passata negli alberghi di lusso, se aveva rubato soldi a sufficienza che gli consentissero di pagarsi la camera. (Redazione online, 2011, in Corriere della Sera.it, 7 aprile).
La nostra è un'epoca di crisi, è vero, probabilmente i modelli di consumo che fino agli ultimi sessanta anni hanno caratterizzato l'Occidente dovranno lasciare il posto a modelli più sobri e moderati, dove la mentalità dello shopping consumistico, utilizzato anche come una sorta di pratica anti-depressiva, dovrà essere abbandonato per altri comportamenti meno centrati sui soldi, sullo spendere quando ci si sente vuoti e tristi per riempire se stessi di inutili oggetti da supermercato o da negozi di lusso.
Il modello consumistico occidentale è certamente meno estremo in Africa o in Asia. Tuttavia, attualmente, sono ben altri i problemi che interessano diversi Paesi dell'Africa e del Medio Oriente. Vediamo, infatti, che in Medio Oriente e in Africa si sta lottando in diversi Stati per sostituire la tirannide con la democrazia. Internet sta avendo un ruolo importante, da 'passa parola', presso i popoli che organizzano le rivolte dal basso, dalla piazza, nei loro Paesi. In questo senso, possiamo anche parlare di rivolte globali in interazione con gli Stati occidentali democratici e le istituzioni internazionali come l'ONU.
Viviamo, dunque, in tempo di crisi, crisi nell'Unione europea e non solo per la penuria del lavoro, con alti livelli di disoccupazione, ma anche di crisi economica soprattutto in Portogallo, Grecia, Spagna, Irlanda, in parte anche l'Italia. Questi Paesi hanno problemi con la gestione del debito pubblico, l'Italia pare reggere un pò meglio in questo senso, però ci sono difficoltà nella gestione della politica governativa, nella politica nei confronti delle migrazioni del Sud verso il Nord, che è discordante tra i vari Paesi dell'Unione europea, pur essendo implicato il resto dei Paesi europei dell'area Schengen. Come osserva il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, nell'Unione europea ci dovrebbe essere più armonia e accordo tra gli Stati membri, perché "l'Europa è una sola" (Tito, 2011, in la Repubblica, 11 aprile, p. 11).
L'incremento di queste migrazioni fa emergere negli Stati europei un atteggiamento difensivo di chiusura delle frontiere, come, per esempio, nel caso della Francia al confine con l'Italia a Ventimiglia, per cui ora, al di là dell'accordo di Schengen sulla libera circolazione dei cittadini europei negli Stati che fanno parte dell'Unione, la nuova situazione di migrazione che le tumultuose situazioni politiche e dei popoli in rivolta sta provocando, dall'Africa e dai Paesi del Medio Oriente verso l'Europa, ha posto un alt a questa tendenza, per cui gli Stati europei sono costretti a far rimpatriare queste popolazioni migranti verso i loro Paesi di origine.
Anche per queste popolazioni migranti di disperati si tratta di sfide da affrontare tra la situazione complessiva di miseria e umiliazione in cui si trovano a vivere nei loro Paesi di origine, a causa del regime tirannico che la parte in rivolta del popolo cerca di spodestare e la parte del popolo che invece preferisce fuggire per non essere uccisa per diversi motivi interni nel loro Paese, e che hanno a che fare con l'identità che si sono costruiti nel tempo e che può essere socialmente e politicamente problematica.
Gli scenari di crisi in gioco, nella nostra epoca, sono molteplici, compresa la situazione che si trova a vivere, in questo momento, gli Stati Uniti di Barak Obama, dovendo tenere un profilo basso nei confronti dei repubblicani che hanno la maggioranza al senato, dunque a negoziare compromessi che non rientrano nel programma politico che il presidente degli Stati Uniti si era dato, come la modificazione della riforma sanitaria per cui si era battuto, la riduzione del badget, a malincuore, da indirizzare alla spesa pubblica. Inoltre, Obama è entrato in campo anche militarmente contro Gheddafi, rivendicando che questo intervento era la cosa giusta da fare dalla parte della popolazione in rivolta, cioè della ribellione contro il tiranno e per lottare a favore dell'affermazione della democrazia. La partita con Gheddafi però non è chiusa, anche perché lui non vuole rinunciare, in maniera arrogante, al potere politico che ha tenuto in mano in maniera autoritaria e violenta fino adesso.
Come è uno scenario ancora aperto la crisi nucleare 'apocalittica', in senso antropologico, in Giappone, dove la popolazione dimostra di avere, fondamentalmente, un atteggiamento di sfida nei confronti delle avversità, e pur soffrendo nel proprio intimo cerca di affrontare l' 'apocalisse nucleare', le conseguenze catastrofiche dello tsunami e del terremoto senza scoraggiarsi, ritornando a a lavorare per il Paese. Fino a che punto la tradizione culturale giapponese educa questo popolo a tenere duro e a rimboccarsi le maniche di fronte alla rovina? Chi ha detto che la 'cultura' non serve a niente, è lui che non ha capito nulla e che si bea della sua ignoranza.
Tutte quelle ricordate sopra, a volo d'uccello, sono sfide politiche, economiche, militari, in varie nazioni in rivolta, che sono in corso d'opera, e anche di ricostruzione collettiva dell' habitat umano come in Giappone. Occorrerebbe riflettere di più sulla psicologia della sfida e del cambiamento epocale, e non solo individuale, anche perché i fenomeni macro poi si ripercutono nel piccolo del micro, quindi della famiglia, delle coppie creative che non si rispecchiano nella formazione tradizionale dello stare insieme, sempre più presenti nel mondo globale, come il macro, del resto, si ripercuote anche sul singolo individuo e la formazione del suo mondo interiore.
Riferimenti bibliografici
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Riferimento cinematografico
Schindler'List, regia di Steven Spielberg, Usa, 1993. Interpreti principali: Liam Neeson, Ben Kingsley, Ralph Fiennes, Caroline Goodall, Jonathan Sagalle, Embeth Davidtz.
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